L’illuminazione strumento di sviluppo della popolazione, oggi anche ecologico E’ passato un secolo e mezzo da quando la lampadina ha illuminato la nostra esistenza in modo pi๠chiaro e continuo di quanto potessero fare le lampade ad olio o altri sistemi a combustione in uso fino ad allora.
Certo è stato un ingresso graduale, legato alla produzione di energia elettrica, alla sua distribuzione e a tutte quelle scoperte tecnologiche per costruire la struttura necessaria.
Se il sole è stato la fonte principale per la luce per secoli, una sorgente come la lampadina ha sconvolto le abitudini in pochissimi anni.
Con la luce elettrica l’uomo ha annullato moltissimi vincoli che limitavano le sue attività , ed oggi al culmine di questo percorso c’è una enorme liberta di scelta.
Certamente la luce naturale è la sorgente migliore, ma in tutti i casi in cui non è disponibile era necessario trovare un’alternativa.
Le lampade a combustione, di olio o gas, hanno la sgradevole controindicazione di produrre fumi, e comunque consumano ossigeno quindi non sono mai state adatte a locali chiusi.
L’avvento dell’elettricità e la scoperta di come scaldare un filamento in modo che emettesse luce senza bruciare ha risolto questo problema.
La lampadina, quell’oggetto semplice che tutti siamo abituati a considerare come “normale”, esiste ormai da 150 anni, e la sua invenzione è dovuta anche ad un italiano, anzi, un valsusino, pur se d’adozione, Alessandro Cruto. Meno famoso di Edison, fu invece un suo coetaneo, nacquero infatti entrambi nel 1847, diversa fu la loro storia ma quello che qui ci interessa è che intorno al 1880, Cruto, inventò e costruì un filamento per lampadine che ebbe un notevole successo e venne prodotto in grande scala presso la fabbrica di Alpignano, il tutto nel volgere di pochi anni.
Era l’inizio di una rivoluzione per l’illuminazione, con il diffondersi dei collegamenti elettrici, i paesi e le case cominciarono ad accendere le luci, la giornata non era pi๠regolata solamente dal sole.
La lampadina ad incandescenza è un progetto che dura da tempo, ancora oggi è il modello di maggiore diffusione anche se comincia a scricchiolare di fronte a sistemi dal rendimento migliore, infatti, ad un costo di produzione ed acquisto relativamente basso si oppone una spesa di gestione elevata in quanto oltre alla luce questa lampadina produce calore, che viene disperso, quindi si spreca energia.
La ricerca ha portato all’invenzione di numerose varianti, dalle lampade alogene a quelle a scarica per finire alla tecnologia pi๠recente, quella dei led. Ognuna di queste ha le sue proprietà caratteristiche e di conseguenza dei campi di utilizzo pi๠redditizi.
La lampadina ad incandescenza funziona grazie ad una corrente elettrica che attraversa un filamento ad alta resistività che si scalda e diventa incandescente. Il filamento è protetto all’interno di un bulbo di vetro, riempito di gas inerte (solitamente argon), in modo da non metterlo a contatto con l’ossigeno dell’aria che lo farebbe bruciare in un istante. Tutto ciò significa che una lampadina accesa, emette luce e calore. Il fatto negativo è appunto nella quantità di calore emesso, che viene disperso, quindi in termini di consumo energetico il rendimento è bassissimo.
Per migliorare la quantità di luce emessa si provò con le lampadine alogene. In questo caso viene usato un mix di gas inerti nel bulbo, allo scopo di innalzare la temperatura di colore e avere quindi una maggiore efficienza, il guadagno si può calcolare in un 40% circa di luce in pià¹. La luce emessa però è ad ampio spettro, quindi comprende anche la fascia ultravioletta. La causa è dovuta anche al supporto del filamento che deve essere in quarzo e per limitare questa emissione si mette una lastra in vetro di fronte al bulbo. Tutto questo perché i raggi UV sono dannosi per l’occhio umano e causano un deterioramento degli oggetti esposti. Per ridurre ulteriormente questo effetto esistono anche lampade alogene dicroiche, ulteriormente schermate.
E passiamo alle lampade a scarica, che sono quelle in cui in un tubo di vetro o quarzo il gas contenuto viene ionizzato dalla corrente elettrica applicata agli elettrodi disposti alle estremità del tubo. Detto così non sembra che stiamo parlando del classico “neon”. In realtà si tratta di tubi fluorescenti in quanto la radiazione emessa direttamente da questo processo non è visibile ma viene convertita dal materiale di rivestimento, interno, del tubo. Gli studi su questo sistema sono precedenti alla lampadina ad incandescenza ma l’applicazione pratica si ebbe solo nel novecento, ma i suoi pregi sono indiscutibili. A parità di emissione di luce, si ha un consumo di energia elettrica del 25%. Questo fattore, insieme ai numerosi miglioramenti sviluppati nel tempo, fanno si che oggi le lampade fluorescenti siano altrettanto semplici da usare rispetto a quelle classiche ad incandescenza, siano immediatamente “luminose” senza aspettare un certo tempo di riscaldamento e consumino ¼ di energia per avere la stessa quantità di luce. Anche il costo monetario di produzione è sceso nel tempo ed oggi si hanno prodotti concorrenziali anche sotto questo aspetto.
Ultimo arrivato ma solo in termini di tempo il diodo luminoso, il LED. Il processo di funzionamento è abbastanza complesso, sfrutta le proprietà dei semiconduttori e richiede comunque dei piccoli circuiti per funzionare. Disponibili dapprima nel solo colore rosso, offrono oggi una vastissima gamma di prodotti, hanno una durata elevatissima e un consumo abbastanza ridotto ma non hanno un potere illuminante notevole. Sono ottimi per determinati usi ma non sono ancora adatti a grossi sistemi di illuminazione, di pi๠a sistemi di segnalazione, luci di stop e posizione su autovetture ed è allo studio l’utilizzo per i semafori. Hanno il pregio di durare tantissimo, si avere un buon potere di illuminazione ma i costi sono ancora alti.