Cartoline dalla Valle di Susa Moncenisio si trova a 1461 metri di quota lungo l’antica via che portava al colle del Moncenisio. Il suo territorio si estende per 39,8 km2. Il comune di Moncenisio conta poco meno di cinquanta residenti anagrafici e per questo costituisce uno dei comuni pi๠piccoli d’Italia. Fino al 1940 portò il nome di Ferrera Cenisio.
UNO SPACCATO DI STORIA
Di Ferrera si inizia a parlare da quando il Moncenisio diventa valico di primaria importanza in quanto principale asse commerciale tra Italia e Francia.
La storia della Val Cenischia è legata al transito dei viandanti attraverso il valico del Moncenisio. Dal 1500 circa, infatti, il Moncenisio diventa il pi๠importante valico delle Alpi Occidentali e i suoi frequenti viandanti hanno bisogno, durante il tragitto, di pernottare, di ferrare i cavalli e di procedere allo smontaggio delle carrozze a Novalesa per proseguire lungo le impervie mulattiere che transitando da Ferrera raggiungevano il valico per scendere a Lanslebourg.
Nel piccolo paese di Ferrera, nel 1800 si contano ben quattro alberghi: di “Sant’Antonio”, “dell’Angelo”, “della Croce Bianca” e “del Montone” e proprio di Ferrera sono molte delle guide e portatori che accompagnano i viandanti attraverso il Moncenisio. Tali portatori avevano il nome di “marrons” ed erano uomini che, dietro lauti compensi, provvedevano al trasporto di persone e materiali attraverso il valico utilizzando muli e rudimentali portantine (le “ramasses”, rozze e robuste slitte , il cui nome deriva dal fatto che anticamente queste slitte erano semplicemente dei fasci di rami).
Nel 1800 sono circa 300 gli abitanti di Ferrera dediti, oltre all’attività di guida, prevalentemente alla pastorizia.
La costruzione della Strada Napoleonica (oggi SS 25) segnerà il declino della Val Cenischia. I suoi abitanti che per qualche tempo furono impegnati nella costruzione della Strada, ma presto dovettero ripiegare alla pastorizia o, nei tempi moderni, all’emigrazione a valle.
Dalla fine degli anni sessanta, a seguito della costruzione della grande diga del Moncenisio, il comune di Ferrera ha perso il suo nome originario diventando Comune di Moncenisio
Il centro storico del paese è caratterizzato dalla presenza di diverse meridiane. Alcuni di questi orologi solari, i pi๠semplici ed essenziali nelle linee, risalgono a molti anni fa, mentre altri se ne sono aggiunti nel corso del tempo fino ai giorni nostri. Alcune meridiane riportano, sui loro quadranti, disegni di fiori montani, del sole e molti motti incoraggianti o frasi attinenti al tema del tempo che passa, magari scritti nel patois locale. Una particolarità : tutte le meridiane indicano rigorosamente l’ora locale del comune di Moncenisio, che si scosta di mezz’ora circa dall’ora ufficiale nazionale.
LE CHIESE ED IL SANTO PATRONO
La Chiesa parrocchiale di Moncenisio è quella di San Giorgio. Sul territorio comunale si trovano inoltre diverse cappelle tra le quali ricordiamo: Cappella di San Giuseppe (nel centro storico, utilizzata per le funzioni invernali), Cappella di Sant’Antonio (visibile arrivando dall’antica Strada Reale di Novalesa), Cappella di Santa Barbara (ai piedi della mulattiera -strada Reale- che dalla parte alta del paese porta al valico), Cappella di San Pancrazio.
La Festa patronale del comune di Moncenisio è quella di San Giorgio che si celebra, con una caratteristica processione, l’ultima domenica di aprile a Ferrera Moncenisio. In patois, la festa si chiama Frèrà« Mounèini – fè patrà¹nal de sènt Dzà´rs. (www.comune.moncenisio.to.it)
San Giorgio patrono di Moncenisio
A San Giorgio, patrono di Moncensio, è dedicata la chiesa parrocchiale del pittoresco villaggio della Val Cenischia. Sabato 25 aprile, ultima settimana del mese, sarà festeggiato il Santo con una caratteristica processione.
Sette anni fa, la festa patronale è stata l’occasione per riproporre il costume tradizionale femminile savoiardo, la cosiddetta “roba savouierda” o “vesta”. Esso è composto di un abito nero in lana con il colletto in pizzo bianco, sorretto nella parte posteriore da un’imbottitura, il grembiule in raso nero, un grande fiocco in vita, uno scialle in seta di colori diversi (in base all’occasione) con le frange, la cuffia coordinata allo scialle. Ad arricchire l’abito, le donne indossavano dei gioielli: un nastro in velluto nero allacciato intorno al collo con, al centro, una spilla in oro; una fibbia in velluto o una catenina pendente con appesa la croce savoiarda. Tra la prima spilla e la croce, una seconda spilla, identica o simile alla prima, ma pi๠piccola.
Oltre alla festa patronale di San Giorgio, strumento di coesione sociale e di rinvigorimento della fede, l’abito tradizionale è indossato di solito a Ferragosto per la festività della Madonna Assunta in altre ricorrenze religiose e civili.
La figura di San Giorgio è avvolta nel mistero. Probabilmente nacque in Cappadocia, da adulto divenne tribuno dell’armata dell’imperatore di Persia Daciano (o Diocleziano, imperatore romano). Dopo l’editto dello stesso Diocleziano, distribuì i suoi beni ai poveri. Arrestato, confessò la sua fede in Cristo e, rifiutando di abiurarla, fu sottoposto a supplizi e incarcerato. Qui ebbe la visione del Signore che gli predisse sette anni di tormenti, tre volte la morte e tre volte la resurrezione.
San Giorgio è conosciuto soprattutto per l’episodio del drago. Si narra che nella città di Silene in Libia vi fosse un grande stagno in cui si nascondeva un drago, il quale, quando si avvicinava alla città , uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. Gli abitanti, per placarlo, gli offrivano due pecore al giorno e, quando queste cominciarono a scarseggiare, offrirono una pecora e un giovane estratto a sorte.
Il giorno che fu estratta la figlia del re, vicino allo stagno passò il giovane cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessina. Quando il drago uscì dalle acque, Giorgio non si spaventò, salì a cavallo e lo trafisse con la sua lancia.
Disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la sua cintura intorno al collo del drago, che la seguì verso la città . Gli abitanti, atterriti, furono rassicurati da Giorgio: “Non abbiate timore, Dio mi ha mandato per liberarvi dal drago. Abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro”. Il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago. (Fonti: ww.comune.moncenisio.to.it – www.santiebeati.it. – Sara Ghiotto) 1bd7871e-75ba-102c-aad6-d116f7970d7d