Riassunto
Domenica 29 dicembre tutte le comunità della diocesi di Susa si sono riunite nella cattedrale di San Giusto per la solenne apertura del Giubileo della speranza
“Che questo anno sia per la nostra Chiesa, per ognuno di noi, un itinerario di speranza! Che dalla nostra speranza nascano semi, opere di speranza nei confronti di tutti i più fragili e, più semplicemente, nei confronti delle donne e degli uomini che ci è dato di incontrare!”, è l’auspicio che il card. Repole arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa ha espresso domenica 29 dicembre nella solenne celebrazione delle 18 con cui ha aperto nella Cattedrale di San Giusto il giubileo per la diocesi di Susa.
Tutte sospese in valle le Messe delle 18 perchè tutti potessero convergere a Susa per la celebrazione che ha visto la partecipazione di fedeli, sacerdoti e diaconi da ogni comunità che hanno gremito la cattedrale di San Giusto in ogni ordine di posto.
Nelle parole di Repole un richiamo anzitutto a contemplare il mistero della famiglia di Nazarteh ” per cogliere ancora una volta che, pur in modi diversi, perché i tempi cambiano, anche oggi c’è bisogno di famiglie che trasmettano consuetudini e tradizioni, perché i fanciulli possano diventare se stessi, possano prendere il volo e diventare delle donne e degli uomini. C’è bisogno di trasmettere una grammatica della vita, perché i fanciulli e i ragazzi possano imparare a parlare e a dire le loro cose. C’è bisogno di trasmettere una sicurezza negli affetti, perché i fanciulli e i ragazzi possano diventare degli adulti sereni. E questo lo si può vivere dentro le famiglie, sapendo che per trasmettere queste consuetudini e queste tradizioni ci va tutta la pazienza dell’amore. Una cosa è innamorarsi, tutt’altra cosa è amare. Per amare e trasmettere l’amore e la sicurezza dell’amore ci va una grande pazienza, ci va una grande tenacia, ciò che contempliamo nella famiglia di Nazareth, contemplando in maniera più profonda il mistero del Natale”.
E dal riferimento alla famiglia, tratto dal Vangelo proposto dalla liturgia, il passaggio al Giubileo e al significato che dovrebbe assumere per ogni persona e in particolare al tema della speranza che il Papa ha scelto per questo anno: “vivere il Natale – ha sottolineato – significa farsi trascinare da Lui nella stessa dimora, nella stessa casa. Chi dobbiamo essere come credenti in Cristo? Delle donne e degli uomini che stanno, vivono, sono, dimorano nelle cose del Padre. E quando si è così, allora si ha l’accesso a quella speranza nella quale vogliamo camminare in questo Anno Santo. La speranza non è l’ottimismo – le cose andranno sicuramente bene – non è questa la speranza! La speranza non è neppure, e ancor meno, l’illusione che poi alla fine le cose si aggiustano. E non è neppure la prospettiva che le cose andranno secondo quelli che sono i miei desideri e i miei bisogni. Se ci si colloca lì, ci si colloca fuori dai confini della speranza. Che cosa significa sperare? Significa avere la certezza che, comunque vadano le cose, noi dimoriamo nel cuore del Padre. E niente e nessuno ci può strappare dall’amore del Padre. È soltanto quando si vive a questo livello che, allora, si può essere e si è davvero donne e uomini di speranza e si possono porre – come ci ha invitati a fare papa Francesco indicendo quest’Anno – dei semi di speranza. Dei semi di speranza nei confronti di chi è malato, nei confronti di chi è anziano e solo, nei confronti dei più giovani, nei confronti dei carcerati. Non facendo finta che le cose andranno bene secondo i nostri bisogni, ma testimoniando che le cose andranno sicuramente bene perché noi e gli altri siamo tenacemente custoditi nelle mani del Padre”.
Un invito rivolto a ciascuno e che il vicario don Daniele Giglioli ha raccolto e a sua volta ha augurato al cardinale: “che questo giubileo – ha detto rivolgendosi a Repole e ai fedeli – sia un passaggio verso una condizione nuova di ogni singolo e di ogni comunità e che lo ‘stare con Lui’ che ci hai ricordato sia per noi anche uno stare con te che ci guidi verso il Padre e che a te allevi le tante fatiche del tuo ministero”.
Nella stessa giornata, nella celebrazione delle 10.30 il card. Repole ha aperto il giubileo anche per la diocesi di Torino nella Cattedrale di San Giovanni.
“Possiamo sperare” ha sottolineando commentando il tema del giubileo “perché la nostra vita è saldamente ancorata con Cristo nelle cose del Padre, perché noi siamo con Cristo lì, collocati nelle cose del Padre, nel cuore del Padre. Ha ragione papa Francesco, indicendo questo Anno della speranza: ci ha invitati a coltivarla sapendo che niente e nessuno ci potrà mai separare dall’amore di Dio.
Che cosa cercate? Non sapevate che io sono, abito nelle cose del Padre? Quando si attraversa la vita con speranza, allora si compiono anche segni di speranza, quei segni della misericordia che ci è chiesto di compiere in questo anno: l’attenzione ai malati, agli anziani, agli immigrati, ai giovani, ai carcerati, alle persone che, semplicemente, incontriamo e chiedono segni di speranza per rimanere vivi”.