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Dalla Libia fino a Novalesa: l’odissea di quattro famiglie

Gli africani ospiti a Novalesa

Gli africani ospiti a Novalesa

Da lunedì 22 settembre, sono giunti a Novalesa undici immigrati africani, nove adulti e due bambini. Di loro, nove sono originari della Nigeria e due del Ghana.
Abbiamo incontrato tre di queste quattro famiglie lunedì 29, nel pomeriggio, presso la mensa allestita dall’amministrazione comunale accanto al municipio, alla presenza, oltre che del sindaco Tullio Feletti, di un mediatore culturale, Stephane, e di Ruben Bianchetti, il “case manager”, letteralmente il coordinatore del caso, che rappresenta la cooperativa “Liberi tutti” di Torino, che si occupa di questo specifico progetto di accoglienza. Gli ospiti africani sono apparsi ancora un po’ spaesati, intimiditi, in un ambiente molto lontano da quello in cui erano abituati a vivere. Alcuni non riescono a nascondere il dramma vissuto sulla propria pelle del distacco da una terra divenuta inospitale ed anche pericolosa, ma che un tempo era il loro mondo.
Per superare il loro imbarazzo, proviamo prima con una foto, poi con due chiacchiere, facilitate dal supporto del mediatore. Lapidario il commento sul loro viaggio: “Non è stato facile, è stato terribile”.
Salpati dalle coste libiche, da dove sono praticamente scappati per sfuggire alla guerra, ed alle conseguenti difficili condizioni di vita, hanno trascorso dodici ore a bordo di un barcone, che oltre tutto, come è capitato purtroppo in tanti altri casi simili, ha rischiato di affondare.
Fortunatamente soccorsi da una petroliera, hanno raggiunto l’Italia, e nello loro dichiarazioni i primi luoghi che hanno visto sono stati Napoli e Salerno. Qui, in Campania, sono stati caricati su un autobus, predisposto appositamente dalla Prefettura, con il quale sono arrivati al campo allestito dalla Croce Rossa a Settimo Torinese.
E di lì, l’ultimo viaggio (per ora) fino a Novalesa, uno dei paesi che ha accettato di accogliere immigrati bisognosi di aiuto ed ospitalità. “Non abbiamo fatto niente di straordinario, – commenta il sindaco Tullio Feletti – abbiamo semplicemente dato la nostra disponibilità. So che non tutti la pensano allo stesso modo, sull’accoglienza degli immigrati che giungono dall’Africa, e dipende dalla coscienza di ognuno. Certo, cambia il colore della pelle, ma sono sempre persone in gravi difficoltà.
Non sono solo loro che devono imparare da noi, ma anche noi potremo imparare qualcosa da loro. Non dimentichiamo che, negli anni trenta, da Novalesa partivano in tanti alla ricerca di una vita migliore in altri paesi anche lontani, e qui quasi tutti hanno antenati che sono emigrati. Anche gli irriducibili della diffidenza se ne faranno una ragione”. Inizialmente, le famiglie africane sono state ospitate all’abbazia, in parrocchia e all’albergo “Della Posta”, per poi trasferirsi in abitazioni private ubicate in via Maestra, messe a disposizione dai residenti.
Dopo una prima fase di inserimento, della durata di due settimane, gli immigrati guadagneranno una propria autonomia, anche grazie al corso di italiano che frequenteranno a Susa.
Per quanto riguarda i pasti, se ne stanno occupando due ragazze di Novalesa, Alessia ed Elisabeth (quest’ultima sarà assunta a tempo determinato, tramite cooperativa, con un ruolo di “tutor”).
Nei loro paesi, gli uomini svolgevano i mestieri di commercianti e piastrellisti. Nella quotidianità, i maggiori disagi che stanno incontrando gli africani sono la differenza di abitudini alimentari ed il clima freddo, ma valutano piuttosto positivamente i primi incontri avuti con i residenti, da loro descritti come gentili e disponibili.
“Continuano a portare calzature leggere come infradito e sandali,- osserva il sindaco- gli abbiamo fornito alcune paia di scarpe, ma per ora non le indossano, segno che non sono abituati a portarle e che si stanno ancora ambientando, e forse non si sono ancora resi perfettamente conto del clima”.
Sara Ghiotto
e Giorgio Brezzo