Domenica 8 (dalle 7 alle 23) e lunedì 9 giugno (dalle 7 alle 15), gli italiani saranno chiamati a esprimersi su cinque referendum abrogativi che toccano temi centrali della vita sociale e lavorativa del Paese: dalle tutele contro i licenziamenti, ai contratti a termine, fino al diritto di cittadinanza per gli stranieri residenti. I promotori – tra cui sindacati, giuristi, associazioni civiche e diverse forze politiche d’opposizione – puntano a rivedere le disposizioni introdotte con il Jobs Act e altre riforme recenti, accusate di aver ridotto diritti fondamentali dei lavoratori e reso più difficile l’inclusione civica per chi vive stabilmente in Italia. Di seguito, una panoramica dettagliata dei cinque quesiti che verranno sottoposti al voto popolare.
1. Reintegrazione dopo il licenziamento illegittimo: si torna all’articolo 18?
Colore scheda: verde
Il primo quesito referendario riguarda una delle modifiche più significative introdotte dal Jobs Act del 2015, in particolare dal decreto legislativo n. 23, voluto dal governo Renzi. La norma ha limitato in modo sostanziale la possibilità di reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa o motivo oggettivo, qualora assunti dopo il 7 marzo 2015, in aziende con più di 15 dipendenti. Con l’attuale disciplina, anche quando un giudice riconosce l’illegittimità del licenziamento, il lavoratore ha diritto soltanto a un indennizzo economico compreso tra 6 e 36 mensilità, escludendo quindi la possibilità di essere reintegrato. Il referendum mira ad abrogare questa normativa, ripristinando la disciplina previgente, fondata sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970 (poi modificato dalla Legge Fornero nel 2012), che prevedeva la possibilità di reintegro nei casi più gravi di licenziamento ingiustificato. Votare sì significherebbe dunque ripristinare una delle tutele più emblematiche del diritto del lavoro italiano.
2. Risarcimenti più equi per i licenziamenti nelle piccole imprese
Colore scheda: arancione
Il secondo quesito si concentra sulle aziende con meno di 15 dipendenti, che secondo la normativa attuale non sono soggette all’obbligo di reintegro per i licenziamenti illegittimi. In questi casi, il risarcimento è oggi fissato entro un tetto massimo pari a sei mensilità di stipendio, anche qualora il giudice accerti che il licenziamento sia stato del tutto infondato. Il referendum propone di eliminare questo limite prefissato. Se il quesito venisse approvato, spetterebbe al giudice determinare l’ammontare dell’indennità, senza un tetto massimo, sulla base di criteri oggettivi come l’età del lavoratore, l’anzianità di servizio, i carichi familiari e la situazione economica dell’azienda. La finalità dichiarata è rendere i risarcimenti più proporzionati e dissuasivi, contrastando l’uso disinvolto del licenziamento anche nelle realtà aziendali di dimensioni ridotte.
3. Contratti a termine: tornano i vincoli e le causali
Colore scheda: grigia
Il terzo quesito mira a limitare l’utilizzo dei contratti a tempo determinato, rivedendo alcune norme che ne hanno favorito la diffusione senza l’obbligo di motivazione. Oggi, infatti, è possibile stipulare contratti a termine della durata fino a 12 mesi senza dover indicare alcuna causale da parte del datore di lavoro. Anche proroghe e rinnovi sono stati semplificati, consentendo ampi margini di discrezionalità. Il quesito referendario propone di abrogare tali disposizioni, ripristinando l’obbligo per le aziende di specificare la ragione per cui si ricorre a un contratto a tempo determinato, anche per periodi inferiori all’anno. Inoltre, verrebbe eliminata la possibilità per datore e lavoratore di definire individualmente le motivazioni per il rinnovo o la proroga, riportando il controllo sotto l’ambito normativo e giudiziario. L’obiettivo è contrastare l’abuso della precarietà contrattuale e rafforzare le garanzie per i lavoratori.
4. Infortuni negli appalti: più responsabilità per i committenti
Colore scheda: rossa
Il quarto quesito interviene in tema di salute e sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alla responsabilità in caso di infortuni nei contratti di appalto e subappalto. La normativa attuale, contenuta nel decreto legislativo n. 81 del 2008 (Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), esclude il committente dalla responsabilità per i danni derivanti da “rischi specifici propri” delle attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Votando sì si chiede di eliminare questa esclusione, estendendo quindi la responsabilità anche al committente, che diverrebbe solidalmente responsabile dei danni causati da infortuni subiti dai lavoratori impiegati negli appalti, anche quando questi derivano da rischi tipici dell’attività svolta. I promotori ritengono che ciò incentiverebbe una maggiore vigilanza nella scelta delle imprese appaltatrici, migliorando la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
5. Cittadinanza: da dieci a cinque anni per i residenti stranieri
Colore scheda: gialla
Il quinto e ultimo quesito riguarda la cittadinanza italiana per i cittadini stranieri. Attualmente, la legge n. 91 del 1992 prevede che uno straniero extracomunitario possa fare richiesta soltanto dopo dieci anni di residenza legale e continuativa in Italia. Fa eccezione chi è stato adottato da un cittadino italiano, che può fare domanda dopo cinque anni. Il referendum propone di abrogare queste differenze, equiparando tutti i cittadini stranieri maggiorenni e riducendo il periodo di residenza richiesto da dieci a cinque anni. La modifica allargherebbe anche il diritto ai figli minorenni dei richiedenti. I requisiti di base – conoscenza della lingua italiana, reddito sufficiente, regolarità fiscale e assenza di precedenti penali – rimarrebbero invariati. I promotori rivendicano l’allineamento ai principi di inclusione sociale e ai tempi storici, richiamandosi al Codice civile del 1865, che prevedeva proprio cinque anni di residenza per ottenere la cittadinanza.