L’esempio dell’azienda agricola di Giulio Michele Perino di Bussoleno BUSSOLENO – Un lavoro, ma prima di tutto una passione e il più delle volte una tradizione di famiglia, quello dell’allevatore.
Lo sa bene Giulio Michele Perino, una vita trascorsa nell’azienda agricola di strada Chianocco a Bussoleno, di cui oggi è titolare, supportato dalla giovane moglie Isabella.
Un’azienda non dai grandi numeri ma radicata sul territorio dal lontano 1956, da quando cioè prima il nonno, poi il padre Angelo e la mamma Rina, la fondarono e poi la avviarono.
Giulio Michele Perino è cresciuto in quella cascina attorniata dalle montagne valsusine e anche quella cascina è cresciuta nel frattempo: nuove attrezzature, nuovi locali e magazzini.
Oggi questa azienda conta un’ottantina di bovini da latte e da quindici giorno ne sono arrivati altri sei, le “grigio alpine” , direttamente dal Trentino. “Le abbiamo acquistate per perché dovrebbero produrre più latte” spiega Giulio Michele.
Una vita dura e impegnativa quella del margaro: sveglia all’alba e giornata piena, dalla mungitura alla fienagione.
E poi, immancabile, la transumanza da giugno a metà settembre ai 1600 metri dell’Alpe Druge, tra i monti di Chianocco.
“In alpeggio tutto il latte viene trasformato in formaggio di media e lunga stagionatura – continua il titolare – mentre quando siamo a valle va tutto per la vendita”.
Le difficoltà non mancano e neppure gli imprevisti, come il rogo che qualche giorno fa ha mandato in fumo una settantina di rotoballe.
E questa benedetta crisi ha toccato anche voi? “Si è ripercossa sull’aumento dei costi fissi, come i mangimi, mentre i ricavi dalla vendita del latte sono piuttosto esigui” risponde Giulio Michele.
E gli investimenti ci sono, come i sei nuovi bovini che, tutti insieme, valgono quanto una berlina. Eppure, se l’azienda è radicata, vivere si può, lo dimostra la famiglia Perino, nella quale tre anni fa è arrivato anche il piccolo Aldo.
Quel che è certo è che occorre tirarsi su le maniche, e non poco: a rivelarlo è la moglie Isabella: “Giusto ieri ho fatto il conto delle ore settimanali di lavoro per segnarle sul questionario del censimento. Sa quante? 94”. Nient’altro da aggiungere, il numero parla da sé.
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