Riassunto
Sabato 9 novembre l'ordinazione sacerdotale di Francesco Maniscalco per le mani di mons. Repole nella cattedrale di Susa, la festa e la commozione nella cattedrale di Susa
Francesco Maniscalco è prete per la diocesi di Susa che lo ha accolto festosa e commossa sabato 9 novembre nella cattedrale di San Giusto, gremita in ogni ordine di posti, per partecipare alla sua ordinazione per le mani di mons. Repole Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa.
“L’occasione di una ordinazione presbiterale oggi”, ha detto mons. Repole all’inizio della celebrazione, “farebbe immediatamente porre l’accento sulla generosità della persona, ma ciò che vediamo anzitutto è un grandissimo atto di grazia del Signore che continua a chiamare, è una Grazia che per Francesco si è materializzata in molti modi: la famiglia, la comunità diocesana che negli anni ne ha incoraggiato il cammino – e sono contento che sia presente mons. Alfonso che raccoglie i frutti di questo percorso di Grazia – il seminario di Torino, anche con il precedente rettore don Ferruccio”.
All’attuale rettore don Giorgio Garrone il compito di presentare il candidato al presbiterato che ha ricordato il percorso di Francesco a partire dall’ordinazione diaconale dell’aprile scorso e ha evidenziato come in quel “nulla di straordinario” si manifesta l’opera di Dio e si è chiamati a riporre la fiducia nella sua chiamata. Quella fiducia che lo stesso Francesco ha sperimentato e ha scelto come segno della sua consacrazione volendo, nel ricordo della sua ordinazione, la frase che Gesù rivolge a Pietro: “Non temere d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Quella frase che è la risposta a ogni paura di non essere all’altezza, ad ogni timore nel vivere un ministero che come si è soffermato mons. Repole, abbraccia “la follia della croce”.
La “follia” della croce è stata infatti il forte richiamo che l’Arcivescovo ha espresso nell’omelia a commento del passo evangelico proposto dalla liturgia del giorno sull’obolo della vedova (Mc.12, 38-44). Due le letture dell’episodio suggerite: quella in cui si vedono “gli scribi ai quali Gesù si rivolge con un’invettiva in modo duro perché riconosce due atteggiamenti non belli: fanno di tutto per apparire e usano le cose di Dio per farsi notare, pregano a lungo per farsi vedere e sono terribilmente avidi ‘divorano le case delle vedove’. E con loro i ricchi che donano il superfluo ai quali non cambia niente prime di deporre le monete e dopo averle deposte, mentre dall’altra c’è la vedova che depone con generosità tutto quanto ha”. “Poi – ha proseguito Repole – c’è una seconda lettura rispetto a questa in cui si vede come ci si possa rapportare a dio in due modalità antitetiche: quella di chi mette a disposizione il superfluo e non fa intaccare la sua esistenza, la modalità di chi punta a farsi vedere, la modalità dell’avido che non fa che raccogliere ovunque anche tra i poveri e poi la modalità della vedova che non si fa vedere, ma che esiste e he depone tutto. La seconda lettura di questo passo è quella che ci fa dire che quella vedova è la parola vivente di Gesù che nel tempio sta guardando il suo destino: l’offerta della vita sulla croce. Quel qualcosa che umanamente è folle e insensato è tuttavia quel gesto è il gesto che accende la vita”.
“È una provvidenza” ha proseguito rivolgendosi a Francesco, “diventare preti di fronte a questa pagina di Vangelo in entrambe le letture: entrerai nel ministero presbiterale al quale il Signore ti ha chiamato con questa doppia possibilità: potrai usare delle cose di Dio per attirare l’attenzione su di te, per saccheggiare un po’ dei beni degli altri per tenerti in piedi, oppure potrai entrare come la vedova generosa, di una generosità senza calcolo e questo coloro ai quali verrai mandato lo vedranno. Papa Francesco parla spesso del fiuto del popolo di Dio nel cogliere se un prete è vero o no e il mio augurio che ti faccio oggi è di essere un prete vero. Anche la seconda lettura del brano si addice bene per far capire cosa deve fare un prete. Prima di tuto deve farsi toccare giorno per giorno dalla follia e dall’insensatezza della vedova che rappresenta la follia dell’insensatezza dalla croce di Cristo. Partecipare di quella insensatezza e di quella follia nel ministero è cosa serissima e vedrai che verranno i giorni in cui ti chiederai se ne è valsa la pena diventare prete quando vedrai che questa vita viene accolta con superficialità a volte con disprezzo e dovrai ricordarti che tu stesso vivi dell’insensatezza e follia di quel dono e apprenderai giorno per giorno che questa domanda ‘vale la pena’ è insensata perchè per Dio ogni offerta è dono, ogni gesto di consegna di sè che assomiglia la gesto di Cristo sulla croce è l’unica cosa vera, autentica, sensata di questo mondo”.
A conclusione il grazie commosso di Francesco “pieno di una emozione, grande, indicibile”, grazie per “quella carezza di Dio rappresentata da ogni volto presente”, grazie per una vita raccontata attraverso le persone che ne hanno accompagnato il percorso, dal collega a mons. Nosiglia, dal sacerdote albanese arrivato per la celebrazione, ai compagni di studio, ai familiari, all’amico che l’ha accompagnato nei primi esami… accolto da un lunghissimo applauso dei confratelli sacerdoti, diaconi e aspiranti, seminaristi e dei tanti fedeli di ogni età, consapevoli di un nuovo dono di grazia per la Chiesa segusina.