La primavera si intuisce nell’aria. Fa ancora freddo, di notte gela e al mattino brina e galaverna arabescano i cespugli dei versanti all’ombra. Eppure, il canto degli uccelli all’alba, qualche timida gemma sugli alberi, un sussulto nella terra, una brezza che all’improvviso fa annusare particelle di profumi formatisi chissà dove, in Turchia o in Marocco, in Spagna o in Albania, spingono contro ogni evidenza degli occhi a pensare che l’inverno è ormai alla frutta.
Avrà ancora qualche sussulto, qualche spasimo da vecchio guerriero che non vuole arrendersi, ma i segni della sua rituale fine avanzano inarrestabili.
Chi non aspetta sono gli anfibi. I più comuni da noi sono la rana rossa (Rana temporaria) e il rospo comune (Bufo bufo). La prima, lunga circa 10 cm, ha colori variabili dal marrone al giallo e dal grigio al rosso, con macchie nerastre più o meno estese. Il secondo è più grande, fino a 15 cm, generalmente di colore brunastro o marrone, con la pelle molto verrucosa e due grosse ghiandole paratoidi ai lati del capo.
E no, il rospo non è il maschio della rana: sono due specie distinte. E no, a baciarli non compare nessun Principe Azzurro…
Servizio su La Valsusa del 20 febbraio.
Luca Giunti