La bufera della prima guerra mondiale è passata. La Valsusa dopo un periodo di… pausa, rinasce.
UN piccolo miracolo che avviene grazie a don Alberione e a un gruppo di ragazze che partono da Alba e giungono a Susa. Sono le Figlie di San Paolo. Dal piccolo miracolo di Susa scaturirà un grande miracolo editoriale che si diffonderà in tutto il mondo.
E’ il 18 dicembre del 1918, quando Teresa, Emilia, Caterina e Maria partono per Susa. Obiettivo: ridare vita a La Valsusa, il settimanale diocesano.
Hanno una fede temeraria poiché di tipografia se ne intende soltanto un po’ la quattordicenne Emilia.
Ma niente le ferma: la tipografia è il mezzo per realizzare il loro sogno.
Quando arrivano alla Stazione di Susa, dopo un viaggio avventuroso, ad attenderle c’è solo Angela Boffi, partita due giorni prima, e il vento gagliardo che “soffiava dal Moncenisio”.
Sanno che Susa è la loro pedana di lancio. Tutto il resto non conta.
Si mettono subito al lavoro, a fianco del direttore Cesare Napoli.
Don Alberione manda in aiuto, per un primo tempo, Marcellino Paolo, un ragazzo della sezione maschile.
L’alloggio che ospita le giovani è una vecchia casa a due piani, di cui solo quello rialzato, messo a disposizione dalla diocesi, è abitabile.
L’abitazione si trova in via Marchesa Adelaide 24, l’attuale via Martiri della Libertà, a pochi passi dalla Cattedrale. Non c’è luce elettrica né riscaldamento, non esistono tubature. Mancano le cose più elementari.
Don Pozzo, segretario del vescovo, va a casa a portare loro il pane.; sono nuove della città, non conosciute, prive di tessera e di … tempo, impegnate come sono per il trasloco, la tipografia, la cartolibreria, la cucina.
Il vescovo lo conosceranno una domenica dopo le funzioni, uscendo dalla chiesa di San Carlo: “Incontrammo un sacerdote che ci salutò con premio e con tanta affabilità”; seppero poi che si trattava proprio di mons. Castelli.
Teresa che, divenuta suor Tecla, fu la prima superiora generale delle Figlie di San Paolo. Ripensando a quei giorni, annota con commozione le parole con cui il Fondatore, don Alberione, rispondeva a chi gli faceva notare che le “figlie” erano poche, non pratiche e lontane da Alba: “Il Signore compirà per queste figlie un miracolo”.
E il miracolo si compie. “La Valsusa”, anche se timida e povera, rinasce il 1° gennaio del 1919.
Presto arrivano altre alunne, con l’intento di proseguire gli studi e conseguire un diploma magistrale: Giovanna Delpiano, Enrichetta Morando, Agostina Piazza e altre ancora. In poco tempo la famigliola raggiunge il numero di 12.
Per la cartolibreria le “figlie” sostituiscono alcuni articoli con “libri buoni” e oggetti religiosi, come era già avvenuto ad Alba, e chiamano la loro opera “Tipografia S.Paolo”.
La realizzazione de La Valsusa le impegna molto: completano la redazione, correggono le bozze, stampano, spediscono…
Il giornale è composto di quattro pagine, senza rubriche fisse, con le cronache del circondario, religiose, del tribunale e della città. Informazioni varie, iniziative, comunicazioni, cronache delle feste e delle sagre.
La Valsusa porta la gente a conoscenza di tutto quello che succede a Susa, nel circondario e nella diocesi.
Alcune lettere del Vescovo vengono pubblicate sia su “La Valsusa”, sia sin un opuscolo a parte. Sporadicamente appare anche qualche edificante racconto.
La quarta pagina è coperta quasi tutta da pubblicità varia. Con orari molto flessibili, le ragazze riescono a fare tutto: pratiche di pietà, studio, lavoro, scuola, come nella comunità di Alba.
In poco tempo il giornale aumenta la tiratura, che aveva iniziato con 500 copie. Oltre “La Valsusa” si stampano le Lettere pastorali del vescovo (prima di mons. Castelli, poi di mons. Rossi), il bollettino delle Suore Terziarie, due Bollettini di Torino con 1.000 copie, pagelline per promuovere l’Azione Cattolica, moduli per la Banche (Uffici, Comuni, Società), opuscoli, biglietti da visita, partecipazioni di nascita, matrimoni e morte. E un bollettino intitolato “nel canto del fuoco”, da loro ideato per le parrocchie della città. Avevano perfino la rappresentanza esclusiva per il circondario di Susa di una macchina da scrivere senza nastro”.
Le Figlie di San Paolo, alla domenica, portano La Valsusa nelle famiglie, insieme al Bollettino “Nel Canto del fuoco”; è la prima forma della propaganda capillare che ufficialmente avrà inizio il 2 giugno del 1929, giorno della beatificazione di don Giovanni Bosco.
Convinte che il giornale fa del bene, se avanzano copie studiano il mezzo per diffonderle tutte. Così le più piccole vanno per le vie della città a gridare: “La Valsusa, La Valsusa!”. E a chiedere alla gente: “Desidera acquistare La Valsusa?”.
Ormai la gente le conosce e non resiste a quelle ragazze così semplici, gentili, serie: fanno tenerezza.
Sicchè de “La Valsusa” non ne rimane neppure una copia.