Riassunto
Le Beatitudini, il desiderio di felicità dell'uomo al centro del 4 incontro del percorso di catechesi ai giovani "Vedere la Parola" guidato dall'Arcivescovo Repole venerdì 7 marzo al Santo Volto
La sete di felicità dell’uomo e il desiderio di Dio nei nostri confronti, il Suo sguardo sulla vita di ognuno e la percezione di una “felicità possibile”, il filo rosso della quarta catechesi che l’Arcivescovo Repole ha tenuto per i giovani delle diocesi di Torino e Susa al Santo Volto venerdì 7 marzo. Nel percorso di “Vedere la Parola” è stato il brano delle Beatitudini del Vangelo di Matteo a stimolare la riflessione e la preghiera, lo sguardo sulle attese del cuore e su quel sentimento di sfiducia che rischia di offuscare il desiderio di felicità.
Alla base della riflessione proposta l’importanza, anzitutto, di prendere consapevolezza “che tutta la nostra esistenza può e deve essere vissuta, nello Spirito, da figli e da fratelli: il nostro mangiare e bere, il nostro stare in famiglia, il tempo della scuola e dello studio, il momento dello svago e della festa, la relazione con il ragazzo o la ragazza, il lavoro, i momenti in cui comunichiamo tramite i social… Tutto, proprio tutto, quando è vissuto nel legame con Dio e tra di noi può essere santo e diventare una preghiera!“.
Ed è da questo immergersi nella preghiera che si focalizza il secondo elemento fondamentale sul quale riflettere: “Dio desidera la nostra felicità. Dio vuole la mia felicità” . “Commuove pensare” – ha proseguito – “che il più grande desiderio di Dio coincida con il desiderio che ciascun uomo porta nel suo cuore e che, da giovani, dovremmo sentire con una intensità unica. Lo possiamo chiamare in mille modi, desiderio di felicità, di beatitudine, di gioia piena, di pienezza, di vita in abbondanza… Ma ognuno porta nel cuore questo desiderio. È come se sentissimo dentro di noi che nel nostro essere messi al mondo, nel nostro nascere, con il dono della vita ci è stata fatta una promessa, e una promessa possibile: la promessa della felicità. Per questo ci sembra di non poter vivere senza rincorrere la felicità“.
Una felicità che è desiderio di Dio: “Dio desidera quella felicità che io desidero con tutto me stesso!”, che “non va contro la nostra libertà”, che non si fonda su un seguire le regole che la potrebbero mortificare o schiacciare, che permette di cogliere piuttosto nelle beatitudini un percorso per “vivere con Lui e come Lui”, “che se viviamo così troviamo la felicità per cui siamo fatti, la gioia che desideriamo con tutto il nostro essere”, e non cadiamo nella tentazione di scegliere quella direzione che ci condanna alla delusione che ci porta a “esperienze di vita che sono spesso attraenti e luccicanti ma che, alla fine, ci lasciano vuoti, delusi, sempre più tristi e soli, abbandonati a noi stessi“.
Così l’Arcivescovo ha declinato le Beatitudini in diversi “percorsi” che si possono seguire: vie in cui la povertà di spirito diventa “percepirsi bisognosi della presenza di Dio“, o “quando non ragioniamo pensando che qualcuno possa permettersi tutto e qualcuno non debba permettersi nulla“, quando non passiamo tutta la vita “a coltivare il risentimento e l’odio, fissandoci nel passato ed evitando di vivere la novità di ogni nuovo giorno”, quando la purezza di cuore diventa il “vedere il lato buono delle persone” .
Percorsi di una vita felice che è tale dunque se “lasciamo che Dio sia davvero l’unico Dio e non ci facciamo degli idoli; quando siamo sinceri e non falsi né doppi; quando non uccidiamo né mortifichiamo la vita in nessun modo; quando ce ne prendiamo cura, soprattutto se è fragile; quando siamo fedeli nelle nostre promesse di amicizia o di amore; quando abbiamo attenzione di chi ci ha messo al mondo e ci permette di crescere; quando non desideriamo ciò che è degli altri e ne abbiamo rispetto, senza appropriarcene; quando abbiamo cura della nostra madre Terra perché sia disponibile e abitabile anche da altri dopo di noi; quando ci rivolgiamo a una persona che ha dovuto emigrare sapendoci mettere nei suoi panni…“.
Vite felici, realizzate, infine come “quando scegliamo in maniera conforme a quello che siamo, cioè figli di Dio e fratelli tra di noi“, perché, ha concluso, “La vera libertà non è quella che ci distanzia da tutti, per lasciarci alla fine soli. La vera libertà è quella che ci lega a Dio e agli altri con legami buoni, di amicizia, di tenerezza, di amore“.
Strade che tanti hanno percorso e come quelle di alcuni “esempi” che hanno accompagnato la conclusione della preghiera: Charles de Foucauld, Chiara Corbella, Pier Giorgio Frassati, Oscar Romero, Madre Teresa, Sammy Basso, Tonino Bello, Paolo dall’Oglio.