Chiesa oggi

Repole cardinale, l’abbraccio delle diocesi di Susa e Torino

Riassunto

Domenica 15 dicembre la cattedrale di Torino gremita per la celebrazione di ringraziamento per la creazione a cardinale dell’Arcivescovo Repole

Atmosfera di festa sin dal primissimo pomeriggio, quando ancora la cattedrale di Torino era chiusa e già due file di fedeli si componevano sul sagrato per partecipare alla celebrazione di ringraziamento per la creazione di mons. Repole a cardinale.

Dalla diocesi di Susa e da quella di Torino sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi e laici si sono uniti in preghiera per esprimere – domenica 15 dicembre nella cattedrale torinese – la gioia di un Arcivescovo che “è chiamato a grandi responsabilità nella Chiesa”, “che sarà vicino al Papa per sostenerne il cammino di guida della Chiesa in un mondo che ha bisogno della speranza della fede”, “che adesso potrà dare ancora di più il suo contributo importante e non solo alla nostra diocesi”. Queste alcune tra le tante voci che prima e dopo la celebrazione rimbalzavano tra i fedeli testimoniando il significato di un pomeriggio  – condivisa anche con quanti via internet e attraverso la diretta televisiva hanno seguito la Messa – in cui il centro è stata la preghiera grata, la celebrazione eucaristica, lo sguardo sul vicino mistero del Natale. Non un appuntamento formale, nè segnato da saluti o ringraziamenti istituzionali, pur essendo presenti in duomo tante autorità e personalità della società civile, perchè, come ha spiegato il Vescovo ausiliare Giraudo al termine della celebrazione annunciando che non sarebbero stati pronunciati discorsi,  “rimanesse un momento in cui si sono messi al centro preghiera, ascolto, eucarestia”.

Oltre a 14 vescovi che hanno concelebrato – tra cui l’emerito di Susa mons. Alfonso Badini Confalonieri, erano presenti anche ministri di altre confessioni, tra cui la Chiesa copto-ortodossa, la Chiesa ortodossa di Mosca e la Chiesa greco-ortodossa, e tra le autorità a vice sindaca di Torino, Michela Favaro insieme alla sottosegretaria alla presidenza della Regione Piemonte Claudia Porchietto e al prefetto di Torino Donato Giovanni Cafagna.

A tutti dunque le parole dell’omelia del cardinale che ha avuto il suo centro sul senso dell’attesa nella terza domenica di Avvento, sul cosa fare per prepararsi al Natale. Tre i suggerimenti legati dunque alla figura del Battista presentata nel Vangelo, suggerimenti per ogni fedele in cui leggere anche la prospettiva del nuovo impegno a servizio della Chiesa dell’Arcivescovo: accoglienza, condivisione, fraternità che rifugge atteggiamenti che interpretano il potere come superiorità.

“Ci si prepara ad accogliere e riconoscere la venuta di Cristo, del Messia, del Figlio di Dio  che si fa uomo –  ha sottolineato –  “nella misura in cui si è allenati a riconoscere e a preparare  la venuta del Figlio dell’uomo, di qualunque figlio d’uomo, di qualunque sorella e di qualunque fratello. Soltanto chi è allenato ad accogliere la venuta della sorella e del fratello saprà al tempo opportuno riconoscere la venuta, la parusia di Cristo, del Figlio di Dio che si manifesterà in un volto di uomo”.

“Si tratta – ha proseguito – di condividere, si tratta di fare in modo che ciò che tu hai non lo detieni come un possesso che ti separa dagli altri, che mette un muro tra te e gli altri, ma che quello che tu hai lo vivi per quello che dovrebbe essere, uno strumento per creare comunione, per entrare in solidarietà con qualunque sorella e qualunque fratello che incontri, soprattutto se è una sorella e un fratello bisognoso”.

E ancora: “Non esigere dall’altro nulla, non comportarti con l’altro come se l’altro ti dovesse qualche cosa e, soprattutto, non esigere mai ciò che l’altro non è in  grado di darti, perché soltanto chi si rapporta così con l’altro vede la venuta dell’altro e sarà capace al tempo opportuno di riconoscere la venuta di quell’Altro con la A maiuscola nella greppia di Betlemme. Non usare la forza, non essere prepotenti, non vivere i rapporti con un senso di superiorità che schiaccia l’altro, mantenendolo o definendolo in un senso di inferiorità. Cristo viene e può essere accolto e può essere riconosciuto nella sua venuta soltanto nella misura in cui ci disponiamo ad accoglierlo accogliendo le sorelle e i fratelli che ci è dato di incontrare. Soltanto così allora quel Natale gratuito, indeducibile, grazioso di Cristo può diventare anche il mio, può diventare il nostro Natale”.

Parole esemplificate dall’immagine della bimba, Yasmine, che dopo due giorni in mare è stata salvata. Bambina in fuga in un mondo segnato da guerre, violenze, da poteri che si scontrano. La sua storia nelle parole del cardinale per richiamare ancora ciascuno a una conversione negli atteggiamenti:  “Dobbiamo non pretendere niente dagli altri e soprattutto dobbiamo riconoscere che gli altri possono offrire quello che possono. Soltanto quando lo si riconosce – con tuo marito, con tua moglie, con i tuoi figli, con i tuoi genitori… – allora davvero vedi l’altro e ti addestri, ti eserciti al momento opportuno a riconoscere quell’Altro che è Cristo. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo smettere di guardarci gli uni gli altri con quel senso del potere che, poco o tanto, ci abita tutti, perché un po’ di potere ce l’abbiamo tutti, ma sapendo che siamo semplicemente sorelle e fratelli”.

Fratelli con cui camminare ogni giorno, quel camminare che Papa Francesco aveva esortato a fare proprio nelle ultime parole della sua riflessione al concistoro e che – citato ancora all’inizio della celebrazione da Repole – diventa così lo stile da seguire anche dopo il Natale: “camminiamo insieme e camminiamo con umiltà, camminiamo con stupore, camminiamo con gioia”.

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