Cronaca

Stellantis sempre più giù, a rischio 50 mila posti

La storia di un lavoratore alle prese con la cassa integrazione che pare non finire mai e il rischio di perdere il posto raccontata insieme alla vicenda Stellantis, la holding multinazionale che comprende anche il marchio (e gli stabilimenti) di quella che un tempo era la Fiat. L’ultimo colpo di scena: le dimissioni di Tavares, il ceo portoghese che avrebbe dovuto risollevare le sorti dell’auto e delle produzioni in Italia e a Torino,

Quella del settore automotive non è più (o non solo) una questione produttiva ma assume sempre più i connotati di un’emergenza. E’ il lavoratore intervistato su questo numero da La Valsusa a dirlo:“ La parola d’ordine è: esuberi. Non sappiamo nulla del nostro futuro lavorativo. Stiamo facendo cassa integrazione a rotazione due o tre giorni la settimana. E poi che sarà di me, di noi?”. Roberto (il nome è di fantasia), è un operaio dell’indotto dell’automotive: ha 58 anni, è vedovo e ha un figlio. Gli mancano poco meno di sei anni alla pensione ma l’incertezza e l’assenza di prospettive non gli lasciano vedere la luce in fondo al tunnel: “ Riuscirò a lavorare per arrivare alla pensione? Me lo chiedo tutti i giorni”. Se la fabbrica in cui lavora dovesse chiudere, chi assumerebbe Roberto?

Da una vicenda personale (ma quante ce ne sono) a quella globalmente torinese.

Che cosa sta capitando nel settore auto. Lo abbiamo chiesto in un’intervista a Rocco Cutrì, segretario generale dei metalmeccanici della Cisl torinese rilasciata proprio il giorno delle dimissioni del ceo di Stellantis, Carlos Tavares. Una otizia che, vista la crisi del settore auto e dell’indotto della componentistica, riguarda migliaia di famiglie di Torino e dintorni (Valli di Susa e Sangone comprese).

“Le dimissioni di Tavares – afferma Cutrì – non sono un fulmine a ciel sereno e non ci colgono di sorpresa perché sono l’esito inevitabile di scelte industriali che non hanno pagato, tutte protese verso l’auto elettrica mentre è mancata l’immissione sul mercato di nuovi modelli (ad esempio quelli ibridi) con costi accessibili a tutte le tasche”.

Il risultato? La diminuzione delle auto prodotte a Mirafiori passate da quasi 86 mila nel 2023 a una previsione per il 2024 che si aggira intorno ai 25 mila veicoli, tra 500 elettrica e modello Maserati nelle sue due versioni. “ Parlare di caduta libera è un eufemismo”, aggiunge Cutrì che aggiunge altri dati: “ Lo stabilimento di Mirafiori nel 2024 ha lavorato un terzo delle giornate lavorative disponibili, i restanti due terz isono coperti dalla cassa integrazione”.

Insomma serve una svolta, un cambio di passo, un nuovo Piano Produttivo. Il pallino è nelle mani di John Elkan e del prossimo Ceo che dovrebbe essere nominato entro sei mesi, sperando che non sia troppo tardi per salvare il posto di oltre 50.000 persone

Bruno Andolfatto

Servizio su La Valsusa del 4 dicembre

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