Riassunto
Prima convocazione interdiocesana di inizio d’anno pastorale con il Vescovo Repole. Cuore dell’incontro la Lettera Pastorale «Voi stessi date loro da mangiare», la lettura sociologica e quella spirituale del documento. Gli auguri per gli 80 anni di mons. Nosiglia, i nuovi Orientamenti per l’Iniziazione Cristiana
La carità sarà il filo conduttore del nuovo anno pastorale. Ma come intenderla, come rifletterci sul piano della fede senza dimenticare che è anche tema che interpella la società? Carità come spazio di confronto con il mondo da chi vive nel mondo e ci vive in quanto cristiano e “riverbero” della carità di Cristo, ma come vivere questa dinamica?
Questo il cuore della convocazione interdiocesana che sabato 5 ottobre ha fatto confluire al Santo Volto a Torino sacerdoti e laici delle due diocesi guidate dal Vescovo Repole.
Domande e riflessioni attorno alla lettera pastorale «Voi stessi date loro da mangiare», attraverso tre riletture: quella Luca Davico sociologo e ricercatore al Dipartimento interateneo di scienze, progetto e politiche del territorio di Politecnico e Università di Torino, quella di suor Raffaella Gadda, consigliera generale di Vita apostolica delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, e quella dell’Arcivescovo stesso.
Tra le sottolineature di Davico sul testo di mons. Repole, il rischio latente che dietro ad ogni azione caritativa anche in ambiente non ecclesiale ci si senta “quelli buoni” a scapito di una necessaria ricerca di empatia “del mettersi davvero nei panni dell’altro nei confronti del quale si offre un aiuto”. Poi l’attenzione a una professionalità dell’aiuto, ad una cura nel fare il bene che non perchè rientra nel settore del “volontariato” deve essere, superficiale, frettoloso. E sull’aspetto della professionalità un richiamo del sociologo anche alla concezione del fare rete: ricerche condotte sulle nostre comunità civili collocano la nostra regione un passo indietro rispetto ad altre, risulta che “i torinesi hanno poca fiducia interpersonale, scarsa attitudine all’associazionismo, prevalgono legami di clan. Non siamo i campioni del fare rete”. Fare rete nell’ambito di politiche che andrebbero rivoluzionate anche da un punto di vista delle prospettive visto lo scenario delineato: “è cresciuta la polarizzazione sociale, i ceti medi si sono impoveriti”. Uno scenario che allarma su tanti fronti come quello illustrato relativo alla sanità dove sempre più persone rinunciano a curarsi.
E dallo sguardo sociologico la riflessione di suor Raffaella densa di spunti ma con una immagine centrale: quella legata alla rappresentazione più diffusa del Santo Cottolengo – il santo della “Caritas Christi urget nos” – con il dito puntato verso l’alto e la mano che accarezza il povero.
“Un’immagine che ci dice che dobbiamo essere consapevoli che è a Dio che dobbiamo rivolgerci per attingere alla vera carità, per essere riverbero dell’agire e dell’amare di Dio. Siamo agganciati a dio, ci possiamo muovere serenamente nel mondo perchè agganciati a Lui. Per questo è necessario abbeverarsi alla preghiera ‘per dare noi stessi da mangiare’ è importante nutrici di Lui stare agganciati, sostare ai suoi piedi per imparare dal Maestro il suo modo di vivere e amare”. Farci e non fare carità. Stare con Dio per imparare i suoi sentimenti, farci carità.
Un aggancio al Cielo che il Vescovo ha ulteriormente sottolineato nel suo intervento che ha unito al ringraziamento per le tante realtà impegnate nella carità nelle due diocesi il “nodo” centrale della sua Lettera, su cui orientare l’anno. “Con la lettera pastorale ho desiderato portare inevidenza che la sorgente della carità è l’amore di Cristo l’amore che abbiamo ricevuto nel passato ma non solo, in ogni istante della nostra vita. Alla radice delle nostre attività c’è la più radicale passività, cioè la nostra condizione di donne e uomini che anzitutto ricevono gratuitamente l’amore di Cristo e poi a loro volta lo donano”.
“Quando ci illudiamo – ha proseguito – che all’inizio di tutto ci sia il nostro fare e agire, la nostra zione corre il rischio di essere affannata e superficiale e potrebbe persino segnare una distanza abissale tra noi e chi soccorriamo anzichè stringere legami e far crescere la fraternità”. ”La questione non è risolvere i problemi del mondo ma vivere la carità di cristo. Che qualunque bisognoso diventi amico e amico di dio. In virtù di questo la carità è il pilastro di ogni comunità”. Un invito che non interpella i gruppi ma ognuno.
Al termine delle relazioni un momento di fraternità anche nell’augurio a mons. Nosiglia nel giorno del suo 80° compleanno. Per lui una torta e un ritratto accompagnati da un lungo applauso ad esprimere la gratitudine per il servizio alle due diocesi.
E infine nella seconda parte della convocazione l’annuncio da parte di don Michele Roselli, vicario per la Formazione, dei nuovi Orientamenti per l’Iniziazione Cristiana che saranno pubblicati giovedì 10 ottobre sui settimanali diocesani e sui siti. Orientamenti consegnati “per camminare insieme” che riguarderanno il “concerto di una comunità intera” chiamata a progettare “all’interno di una mappa”.
A conclusione alcune domande per i relatori, nella prospettiva di tradurre gli stimoli ricevuti dai diversi interventi in un cambio di sguardo che “spinge” e “coinvolge” tutti.