Chiesa oggi

Testimoniare la Fede oggi, l’assemblea di Torino e Susa

Riassunto

Mattinata densa di stimoli per iniziare l'anno pastorale quella del 18 ottobre. Al Santo Volto la presentazione per le diocesi di Torino e Susa della Lettera pastorale "La parola sul cuore" dell'Arcivescovo Repole. Relatori il giornalista Riccardo Maccioni e il presidente della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Matteo Fadda.

Dalla cinematografia dove il riferimento religioso spesso non compare, a riti funebri dove si mescolano filosofie, alla constatazione che per tante persone la vita ha valore solo in base a certi standard, che per molti – come emerge in particolare dai social – c’è un riferimento alla trascendenza nebuloso, concepito secondo un approccio esclusivamente individualistico… Da queste constatazioni del giornalista Riccardo Maccioni ha preso avvio sabato 18 ottobre al centro congressi del Santo Volto l’assemblea interdiocesana di Torino e Susa dedicata all’approfondimento della Lettera Pastorale “La Parola sul cuore” del cardinale Roberto Repole.

Un intervento ricco di dati estrapolati da diverse indagini pubblicate sul rapporto tra fede e società, tra giovani e fede. Dati che rendono pregnante il richiamo all’”urgenza della testimonianza” che l’Arcivescovo ha richiamato nella lettera e che Maccioni ha correlato alla bellezza della scelta cristiana, della fede nella Resurrezione. Nelle parole di Matteo Fadda, presidente della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, la concretizzazione possibile degli spunti su gioia e testimonianza, ma soprattutto su quella chiamata alla missionarietà che la Lettera trasmette. Una missionarietà che esce, come ricordato dall’Arcivescovo, dal “si è sempre fatto così”, che – ha evidenziato Fadda – si svela in quegli “innamorati di Gesù” che hanno saputo coinvolgere. Una missionarietà che nella Lettera si rivolge ai giovani e che Fadda a “avvicinato” in questo focus a quello che era il mandato di don Oreste Benzi alla sua comunità: “far incontrare loro un Cristo simpatico”. Dove “simpatico”, ha ricordato ancora Fadda, “significa che appassiona, che si rifà alla passione di Gesù per ogni uomo” e rende necessario il “vivere ciò in cui si crede” e il metodo del “vieni e vedi”. “Don Oreste”, ha proseguito, “parlava di trapianto vitale, invitava i giovani a vedere esperienze autentiche di vita piena”.
Dopo il confronto tra relatori e assemblea a partire dalle tante domande raccolte nell’intervallo, le conclusioni dell’Arcivescovo Repole.

“Credo che la questione della trasmissione della fede ci obblighi a guardare con onesta coraggio e fiducia il tempo che stiamo vivendo, in cui siamo immersi e quindi l’umanità che condividiamo con fratelli e sorelle cui vogliamo offrire il vangelo. Se non ci mettiamo nell’ottica dei destinatari, probabilmente non abbiamo la piattaforma di fondo per trasmette il Vangelo”. È stato il punto di partenza delle sottolineature presentate dal cardinale che ha invitato a riflettere sul fatto che la “gente vive nella finitudine ed è appagata della finitudine in cui vive” elemento che emerge nel sottofondo di tante questioni pastorali.

“Il primo punto è non chiudere gli occhi rispetto a quel che stiamo vivendo” – ha ribadito – ma non solo: “Cosa ci è chiesto? Di essere cristiani non formali né anonimi, ma testimoni credibili che mostrano che vale la pena di slatentizzare l’inquietudine di una vita coperta dall’ordine del finito. Bisogna mostrare che la nostra umanità non è perfetta, ma in via di trasfigurazione perché umanità abitata dallo spirito del Risorto”.

“La questione della gioia è seria – ha proseguito – non possiamo dire che stiamo attendendo la venuta di Cristo e poi la nostra vita è intristita e strutturalmente depressa”. Diventa nodale conseguentemente il tema della formazione: “oggi rimanere cristiani con tutta la propria esistenza e in tutte le dimensioni dell’esistenza richiede ascesi e formazione continua”, in cui le competenze “sono modo per mostrare che Cristo raggiunge tutto della nostra vita. Non possiamo essere testimoni autentici se pensiamo che il Vangelo riguardi solo la mia vita e il mio servizio in parrocchia e non la politica, la finanza…”.

Un intervento che dunque a partire dalla Lettera ha richiamato ancora una volta la corresponsabilità di tutti ad una testimonianza gioiosa perché radicata nella Resurrezione, ad una presa di coscienza della realtà in cui si è immersi, ad un uscire anche dall’individualismo spirituale affinchè la Parola sul cuore diventi – a partire “dalla pastorale giovanile, spettro di ogni pastorale” – la forza propulsiva di ogni comunità, da intendersi sempre più come “comunione che si radica nella comunione in Dio”.

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