Domenica mattina 4 maggio il cielo è grigio e pioviggina alla partenza di un viaggio che si ripete anno dopo anno, sospeso tra fatica e incanto.
Le mucche di Manuel Giovale e Rachele Chiaberto, pronte per la transumanza, lasciano la stalla con passo cadenzato, guidate dal suono profondo dei “rudun’, i campanacci che scandiranno il cammino verso i pascoli di montagna dell’ alpeggio dell’antica Certosa di Montebenedetto.
Il piccolo Filippo cammina accanto ai genitori con gli occhi colmi di curiosità e ammirazione. Ogni passo è un insegnamento, ogni respiro è un frammento di tradizione che si intreccia al presente lungo le vie di Borgone e Villar Focchiardo.
La Transumanza è memoria, è appartenenza, è un patto con la montagna. Quando la Certosa di Montebenedetto si intravede tra i boschi, il lungo cammino trova la sua meta.
Qui, tra mura medievali e prati silenziosi, si comprende che l’amore per la terra si trasmette nei gesti quotidiani, nei sacrifici e nella bellezza di un rito come la transumanza che continua a vivere con orgoglio, stagione dopo stagione.
Claudio Giovale